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Publication Type:
Magazine ArticleSource:
Semicerchio, Le lettere., Number 58-59, Firenze, Italia (2018)Full Text:
«A cast of characters in an unnegotiable drama»: la voce del vento e il lamento dell’oceanoAntonella Francini
Nel saggio La grande cecità, lo scrittore indiano Amitav Ghosh punta il dito contro il romanzo contem- poraneo concentrato prevalentemente, a suo avviso, sulla psiche del personaggio borghese, e quindi in- capace di trattare il tema «collettivo» del surriscalda- mento globale. Ghosh riconosce invece ai poeti, da Hölderlin ai contemporanei, di essere in prima linea per le questioni ambientali mentre la narrativa, salvo poche eccezioni, ha continuato a narrare avventure morali individuali distogliendo lo sguardo dall’improba- bile che ormai batte alle porte. Per Ghosh il ruolo del- la finzione narrativa è «far immaginare altre possibilità […] altre forme di esistenza umana» perché «l’intento del narrare non è quello di riprodurre il mondo com’è», ma di affrontarlo «al congiuntivo, figurarselo come se fosse altro da quello che è». La crisi climatica è per lui
«anche una crisi della cultura, e pertanto dell’immagi- nazione» ora che il surriscaldamento globale «ha reso udibile una nuova voce critica non-umana» con cui la narrativa contemporanea non sa fare i conti lasciando il campo libero alla non-fiction1. In effetti il cosiddetto ‘longform journalism’ e i saggi scientifici sviluppano narrazioni ecologiche che spesso presentano forme e tecniche di scrittura sofisticate. Così, ad esempio, inizia un articolo di Naomi Klein sugli incendi che fra l’agosto e il settembre del 2017 hanno devastato la costa della British Columbia in Canada dove vive la sua famiglia e dove la giornalista si trovava in vacanza:
The news from the natural world these days is mostly about water, and understandably so. […] For years, climate scientists have warned us that a war- ming world is an extreme world, in which humanity is buffeted by both brutalizing excesses and stifling absences of the core elements that have kept fra- gile life in equilibrium for millennia. At the end of the summer of 2017 — with major cities submerged in water and others licked by flames — we are cur- rently living through Exhibit A of this extreme world, one in which natural extremes come head-to-head with social, racial, and economic one2.
Rimossi alcuni dati puramente giornalistici, abbiamo davanti lo schema di ciò che potrebbe essere l’inizio di un romanzo oppure di un racconto di Lauren Groff, la scrittrice statunitense che narra nelle sue storie le apprensioni di una madre per il futuro del pianeta. Nel saggio Letteratura e ecologia anche Niccolò Scaffai ha messo in luce il passaggio critico che la letteratura vive di fronte alle tematiche ambientali nell’offrire narrazioni che configurano «un paradigma olistico confusivo», in cui umano e non umano tendono a essere equiparati, oppure «un paradigma classico separativo», in cui lo Spirito controlla il materiale. L’alternativa ai limiti che offrono questi due modelli, scrive Scaffai, è «un para- digma distintivo, che trasforma la distanza tra l’io e il mondo esterno in una risorsa cognitiva e artistica»3.
Proprio in questa distanza fra io e mondo esterno si inserisce l’opera poetica che Jorie Graham ha svilup- pato nei suoi ultimi tre libri di poesia - Sea Change del 2008, Place del 2014 e fast del 2017 – offrendo così, con molto anticipo, una risposta in versi all’appello di Ghosh agli scrittori nell’era della ‘grande cecità’. La certezza di vivere nella Age of Collapse, e di essere noi stessi gli autori di un ecocidio irreversibile, è diventata da oltre dieci anni il modo di Graham di vedere il no- stro momento storico - «[t]he signal catastrophic issue. The primary responsibility», come dice in un’intervista rilasciata nel 2012 alla rivista irlandese EarthLines in cui, allo stesso tempo, prende le distanze da etichette e classificazioni che hanno di recente tentato di dare una sistemazione alle questioni ecologiche in lettera- tura4. Il suo engagement attuale è infatti in linea con la sua poetica e con un certo attivismo che ha sempre contraddistinto la scrittura di Graham. La poesia è per lei una forza vitale e un atto di profonda responsabilità spirituale e civile, che nasce dalla tensione, come ac- cennavo prima, fra la realtà storica e la volontà dell’io narrante. Ma se nei libri degli anni Ottanta il confronto era con la tradizione artistica e culturale e con l’ero- sione nel tempo di forme estetiche e liriche non più attuali; se negli anni Novanta era una sorta di revisione storica delle tragedie del Novecento intrecciata a vi- cende personali, e se lo scardinamento del pensiero e della parola da forme classiche per la ricerca di una possibile utopia nel continuo sfaldarsi della realtà ha contraddistinto i suoi versi al passaggio del secolo, nei libri seguenti e, soprattutto a partire da Sea Change, gli effetti del cambiamento climatico e le alterazioni de- gli ecosistemi causate dall’uomo, insieme ad altre for- me di auto-distruzione, sono diventate una questione primaria. Lavorando negli interstizi fra «consciousness e consciousness of self at the border of its obliteration in en plein air objective transcription »5, Graham chiede alla sua poesia più recente di orientare l’immaginazio- ne verso il superamento di quell’io lirico che per secoli ha guardato al mondo da una prospettiva esclusiva- mente umana e individualistica per creare una voce narrante plurima vicina al suo senso di essere parte di qualcosa «larger than the human enterprise». L’im- pegno che si è imposta è appunto quello di affrontare il mondo al congiuntivo, creare un ponte immaginario fra il nostro tempo traumatico e un futuro remoto pre- figurando altre forme di esistenza umana. È questo il
«pretty urgent political work» che chiede alla sua scrit- tura: «to make the ‘deep future’ – seven to ten gene- rations hence – feel actually ‘connected’ to us»6. Nel suo tipico stile, che espande e drammatizza il pensiero
in complesse architetture in movimento simultaneo sulla pagina, la questione ecologica è dunque uno dei moventi storici (come lo sono l’impatto delle tecnolo- gia e dell’intelligenza artificiale e l’esodo di popoli che fuggono da guerre, siccità e carestie ) che azionano quella dialettica mente/mondo caratteristica della sua scrittura. «Over these years», ha affermato Graham
«I became increasingly compelled—invited, forced, ethically tempted—to try to find my way to voices one would generally call ‘non-human’—or voices that at- tempted to approach, or approximate, that state»7. E ancora: «I feel I am living an extended farewell, where my eventual disappearance, my mortal nature, nor- mally a deep human concern, has been washed away by my fear for the deeper mortality – the extinction of other species, and of the natural world itself»8.
Il suo coinvolgimento nei traumi ecologici si esprime soprattutto a partire da Sea Change, il libro del 2008 che registra la reazione di Graham all’intenso studio dei dati e delle previsioni sul futuro del pianeta forni- ti dalla scienza. Come vivere «in the full glare of the knowledge science has given us […] and not lose the capacity to simply feel wonder, and take in our life, our present moment, what presence calls the ‘beautiful’»9 e come recuperare «the ability to praise», erano le que- stioni etiche che l’apprendistato scientifico le poneva davanti. La sua risposta è stata la ricerca di una lingua e una forma in cui tradurre i dati e i reportage scientifici. Il libro si apre con la poesia eponima, Sea Change, titolo che rimanda, come è noto, alla canzone di Ariel ne La tempesta di Shakespeare, oltre ad essere un’espres- sione nella lingua inglese che indica un cambiamento radicale. Potremmo definirla un testo epigrafico perché contiene interamente il progetto di Graham in questo volume: creare un confronto fra l’io umano e la voce immaginata degli elementi naturali servendosi del dato scientifico per costruire un qualcosa di ‘ricco e strano’, ovvero un telos poetico che prefiguri un mondo «altro da quello che è», per usare l’espressione di Ghosh, che crei una sintonia fra scrittore e ambiente, fra l’individuale e il collettivo. In incipit lo scenario è quello che giornalisti e scienziati ci hanno anche di recente messo davan- ti: raffiche di vento eccezionali la cui forza sconvolge persone, campi, alberi e mari trasformandoli, nelle sue parole, in un cast per la raffigurazione di dramma con cui non si può venire a patti. In questa mimesi in versi di uno sconvolgimento ecologico il ritmo, sincopato ed elastico, accelera e rallenta legando il lato sinistro del verso, dove prevalgono i fatti, a quello destro, dove si immagina un futuro post factum. Questi due tempi sono incardinati al centro da una sorta di spina dorsale intor- no alla quale si avvolge il movimento delle frasi poetiche musicalmente ininterrotto dall’inizio alla fine: «One day: stronger wind than anyone expected. Stronger than / ever before in the recording / of such. Un- / natural says the news. Also the body says it. Which part of the body
- I look / down, can / feel it, yes, don’t know / where. Also submerging us, / making of the fields, the trees, / a cast of characters in an / unnegotiable / drama, ordai- ned, iron-gloom of low light, everything at once undoing
/ itself…»10.
Quando in questa partitura musicale entra la voce del vento, è un sibilo che chiede a quella umana di considerare l’innaturale destino comune ormai fuo- ri controllo: «Consider your affliction says the / wind, do not plead ignorance […] Consider/ the body of the ocean which rises every instant into / me, & its / an- cient e- / vaporation, & how it delivers itself / to me …». Il particolare reportage del vento racconta del riscalda- mento delle correnti, del plancton spinto a nord troppo tardi per nutrire le larve di merluzzo, che così rischiano l’estinzione. La sua voce si reincarna poi in quella uma- na di Graham, che ritrova la sua missione di testimone e memoria di un mondo in pericolo per tramandarne la bellezza coi suoi versi alle future generazioni: «so that I, speaking in this wind today, out loud in it, to no one, suddenly / aware / of having written my poems, I feel it in / my useless / hands, palm in my lap, & in my liste- ning, & also the memory of a season at its / full…». Le due voci si fondono nel finale quando un nuovo ven- to riprende la parola per darci con pietas, e citando il Salmo 119 dalla Bibbia di King James, l’immagine del lavoro umano che tenta di riparare un giovane albero e le fondamenta di una civiltà sconvolta dalla furia delle sue raffiche: «I cannot fail, this Saturday, early pm, hur- ling myself, / wiry furies riding my many backs, against your foundations and your / best young / tree, which you have come outside to stake again, & the loose stones in the sill».
Come osserva Helen Vendler, spesso gli incipit in Sea Change riportano l’evento reale che dà lo spun- to a Graham per avviare le sue multiple digressioni e riformulazioni del pensiero spinto in diverse direzioni e graficamente riprodotto sulla pagina11. Così, an- che nel secondo testo di Sea Change, Embodies, il fenomeno della fioritura fuori stagione e del ritardo
nelle migrazioni degli uccelli come conseguenza dei cambiamenti climatici sono l’occasione che avvia la poesia: «Deep autumn & the mistake occurs, the plum tree blossoms, twelve / blossoms on three diffe- rent / branches […] on which / just now / lands, sud- denly, a grey-gold migratory bird‒still here? ‒crisping,
/ multiplying the wrong / air…». La paura attraversa corpo e mente della narratrice, di nuovo testimone del dato anomalo che confonde il risultato e disorien- ta. Anche il suo essere umana viene problematizzato come se la sua stessa presenza e il suo esistere in un corpo e nel tempo nascondesse un errore nella catena biologica sfuggito alla conoscenza umana. Nei versi che seguono la sua apprensione le porta la visione di eserciti in marcia verso guerre combattute dove l’uccello dovrebbe migrare (siamo nel periodo della seconda guerra del Golfo) e nel cui occhio è ora riflesso un analogo terrore mentre vola verso la narratrice in una suggestiva intesa fra umano e non umano. L’incontro si risolve nell’immagine ieratica fi- nale, frequente in Graham, di un alto sacerdote che interroga oracolo e viscere per tentare un pronostico in un futuro improbabile.
In Positive Feedback Loop, il titolo stesso intro- duce il linguaggio specifico usato per misurare le al- terazioni di equilibri in ambito scientifico, ma il verso che avvia la poesia cambia subito registro con una lingua in limine fra dato tecnico e meditazione lirica. Graham invita il suo lettore a tendere con lei l’orec- chio al suono dei mari che circondano la Groenlandia, al potenziale collasso della circolazione termoalina della massa di acque profonde nel Nord Atlantico:
«I am listening in this silence that precedes. Forget
/ everything. Start listening. Tipping point, flash / point,/ convective chimneys in the seas bounded by Greenland […] fish are starving to death in the Gre- at Barrier Reef, the new Age of Extinction / now / says the silence-that-precedes – you know not what
/ you / are entering, a time / beyond belief». L’invito è anche a riempire lo spettrale silenzio che precede ‘the New Age of Extinction’ con una ricognizione di come è il mondo che sta per scomparire: «I will learn everything there is of this my spouse the future, here in my / earth my parents’ house, the garden of / the continuing to think / about them, there is nothing else in fact but the / past, count the days count the cities you / have / visited, also what comes to keep you awake, also dew while you finally sleep».
Nella poesia che segue, Belief System, è proprio il sistema di pensiero della specie umana sotto accusa:
«As a species / we dreamed. We used to / dream. We did not know for sure about / the other species. By the mind we meant / the human mind». Come scrive James Longenbach, Sea Change tratta della fine del mondo, ma è anche un preludio alla rinascita12. Ed è un inno al potere immaginativo della mente cui Gra- ham affida il compito di immaginare l’inimmaginabile, come lei stessa ha più volte dichiarato, ovvero raccon- tare la bellezza del mondo creato a generazioni futu- re che potrebbero dover vivere in un habitat diverso, spiegare loro cosa significhi avere l’acqua, il suo suono e il suo colore, partendo da quel punto zero verso cui il libro tende e a cui allude il sottotesto shakespeariano. Che sia un cigno malato apparso un giorno in un fiume in secca a far ripartire «the action of beauty again» e, whitmaniamente, il catalogo delle bellezze del mondo («do not be angry with me o my god, I have begun the action of beauty again, on / the burning river I have started the catalogue») oppure il desiderio di ridisegna- re il futuro camminando nelle stanze buie di una terra disabitata e ricordata solo in virtù di una memoria an- cestrale o per istinto umano («the mind knows our pla- ce so / deeply well-you could run through it - without fear- even in this total dark-this is what / the mind says in you: accelerate!-it is your / place, you be- / long, you know it by heart …»), il poeta è il Prospero contempo- raneo in Sea Change13. Anche la struttura regolare dei versi che ruotano da sinistra e da destra intorno alla colonna centrale allude a un progetto di rinascita di cui il poeta è l’agente con le sue arti ‘magiche’ della parola per risemantizzare il mondo nello spazio progettuale della letteratura e in una lingua che alterna e fonde il quotidiano con l’apocalittico.
Il desiderio di recuperare la «ability to praise» con- tinua con il libro del 2014, Place, dove si nota anche il recupero di un io narrante per lo più antropomorfico, addirittura autobiografico in alcuni testi. Con fast, del 2017, Graham riprende invece una posizione radicale e nichilistica nei confronti del degrado ecologico che, insieme a altri processi di trasformazione del nostro habitat e ai nostri stili di vita, accelera un declino inar- restabile. Come indica l’aggettivo che titola il libro, l’accelerazione è il tema centrale mentre il suo secon- do significato, in quanto sostantivo e verbo (digiuno e digiunare), allude alla scarsità culturale verso cui le accelerazioni conducono. L’io lirico qui si frantuma
ulteriormente, eroso dall’emergere sempre più rapido di fenomeni non solo inerenti ai mutamenti climati- ci, ma anche al dominio della tecnologia e dell’intel- ligenza artificiale. Le voci umane e non umane che provengono da questi ambiti allestiscono un nuovo cast di personaggi per un dramma aggiornato all’at- tuale tempo storico. Graham dà loro spazio nelle sue maestose architetture per la rappresentazione di un testo corale e elegiaco o, come Graham lo ha defi- nito, di un libro post: «Post us. And fast. Losing our place fast. Killing our place fast. Dying off and killing off fast»14. L’immagine della rete è centrale - la rete tecnologica come la reti dell’accelerazione in cui la singolarità umana e non umana si trova imbrigliata nel rapido processo di mutazione e estinzione del cono- sciuto. Questa anomala comunità abita un tempo al- terato che Graham chiama «the too-late time», il tem- po che non permette all’esperienza di sedimentare, prendere una forma, diventare sensazione, emozione e memoria, ma è bypassata dal ritmo accelerato di eventi fuori controllo. La velocità di cui tratta il libro da più prospettive è una meditazione sul tempo pre- sente non più umano, o naturale per gli ecosistemi, che domina l’intero pianeta e azzera passato e futuro. Nella prima parte del volume, in Deep Water Traw- ling (il testo che pubblichiamo di seguito in originale e in traduzione) la voce narrante s’immerge nelle acque profonde dell’oceano dove giacciono abbandonate le reti a strascico che hanno distrutto larghe porzioni dei fondali, talvolta trasformati in deserti senza più fauna e paesaggi naturali. Testimone della responsabilità umana nell’estinzione delle specie marine, l’io narrante cede la voce all’oceano ferito che racconta la sua sto- ria di ecosistema violato. Nel loro parlare riecheggia la lingua dell’economia capitalistica in nome della quale la pesca indiscriminata a rete arriva a distruggere fino al 90% del pescato, le cosiddette ‘catture accessorie’ non adatte al mercato ittico e perciò rigettate in mare uccidendo pesci e specie marine. Nella prima lunga strofa, i versi sono composti da emistichi, spesso in forma interrogativa e separati da lineette, che forma- no una specie di mosaico per illustrare questa prati- ca di devastazione, scatto dopo scatto, in una serie di fotogrammi al rallentatore. È questa la tecnica con cui qui Graham decanta il dato scientifico di ogni sua scoria, potremmo dire, per trasformarlo, anche grazie a una sapiente alternanza di monosillabi e plurisillabi, paronomasie e accenti ritmici, in un unico movimento lirico. Nella seconda strofa la tensione si allenta, si al- largano gli spazi fra verso e verso, avviene l’incontro fra umano e non umano, e l’oceano morente ricorda nell’agonia i colpi delle reti, i pesticidi, le umiliazioni su- bite. La voce umana in ascolto si alza sempre più forte via via che si spenge quella dell’oceano e si trasforma nel poeta-speaker del verso finale prima della terza e ultima strofa. In un ritmo di nuovo veloce, qui Graham torna a dare informazioni scientifiche sulle zone morte dei mari e la sua voce si fonde con quella dell’oceano mentre il tono si alza ancora come se gli emistichi fos- sero ora gridati. Invece della consueta lineetta, in fast appaiono per la prima volta nella sua scrittura le frecce fra frammento e frammento. Le quali, in Deep Water Trawling, oltre che accelerare il ritmo, guidano speaker e lettori verso la frase conclusiva – «there is a call for you» – in cui il moribondo oceano chiama il poeta a fare ciò che ha in effetti appena fatto traducendo con la sua immaginazione un evento ecologico distopico in una forma d’arte e in un sentimento, mettendo la poesia al servizio di questioni di urgente attualità per tenerla aderente al reale. Le frecce indicano la strada ma ricordano anche i diagrammi, i diagrammi di flusso, l’avvolgersi veloce di un nastro e le notazioni musicali come se lo speaker avesse perso il controllo sulla pa- rola e ricorresse a una segnaletica plurima e evocativa per non rischiare di perdersi.
fast è un libro nato dalla percezione sempre più forte nella poetica di Graham che tutto intorno a noi stia cambiando e morendo rapidamente – non un li- bro sulla morte, ma sulla dissoluzione, sul morire e sull’esplorazione di quell’attimo di tempo che segna il passaggio da uno stato all’altro. Da questa prospetti- va, Graham affronta non solo gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, ma anche altre forme di estin- zione e trasformazioni, come quella del corpo nelle poesie che dedica alla morte del padre, alla vecchiaia della madre e all’esperienza della malattia. Rientra- no in questa visione anche i testi in cui il non uma- no è, ad esempio, un bot con cui l’io narrante avvia una chat e un confronto in cui emerge l’estinguersi
dei significati e l’impoverimento della lingua nei so- cial media. Gli eventi privati, ha detto Graham, sono stranamente avvenuti in parallelo con la dissoluzione della politica, degli ecosistemi e dei rapporti umani.
Ricompare in questo libro una forma poetica a lei cara fin dagli anni Ottanta, l’autoritratto. Self-Portrait at Three Degrees presenta il quadro di un sé che ri- nasce nel XXI secolo da leggere sia in chiave ecolo- gica che sociologica e cibernetica. Come suggerisce il titolo, l’habitat in cui avviene il serrato e sincopato dialogo dell’io narrante con se stessa e la sua rinasci- ta ha raggiunto il punto in cui la vita non può esistere. Ritorna in incipit l’immagine del plancton già vista in Sea Change, ma qui l’io narrante si esorta a salvare questi organismi acquatici da cui dipende il suo fu- turo, l’ecosistema marino e la catena alimentare e li contrappone ad altri stati morfologici verso cui stia- mo velocemente muovendoci – il robotico, il cyborg, il virtuale – chiedendo infine a sé e a noi di definire il termine anthropos per iniziare una nuova vita in un tempo e in uno spazio umani.
Come ha affermato Jorie Graham, ogni artista e ogni lettore dovrebbe oggi porsi una domanda crucia- le: «What is it like to be, to exist today in a world that is fast running toward its downfall, with our species im- plicated in the destruction of the world we inhabit?»15. I dati che giornalismo e scienza ci mettono sotto gli occhi ogni giorno hanno bisogno di un’altra dimensio- ne affinché le tematiche ecologiche possano divenire un sentimento e un’emozione. E questa è un’opera, se volessimo seguire la linea di pensiero di Ghosh, che spetta, oltre che ai politici e ai burocrati, anche alla letteratura. L’io lirico metamorfico di Graham tenta questo difficile salto nelle sue grandiose e affascinanti architetture poetiche per trasformare la storia del mon- do contemporaneo, e il suo declino, in un qualcosa di ‘ricco e strano’, inseguire un’utopia, un disegno di ricostruzione di una civiltà disorientata e, adesso, forse sull’orlo di una catastrofica implosione. Il che è sempre stato, di decennio in decennio, il tema centrale della sua poesia.
Anticipazione dal volume fast in uscita a maggio 2019 per l’editore Garzanti.
DEEP WATER TRAWLING
The blades like irises turning very fast to see you completely—steel-blue then red where the cut occurs—the cut of you—they don’t want to know you they want to own you—no—not own—we all mean to live to the end—am i human we don’t know that—just because i have this way of transmitting—call it voice—a threat— communal actually—the pelagic midwater nets like walls closing round us—starting in the far distance where they just look to us like distance—distance coming closer—hear it—eliminating background—is all foreground—you in it—the only ground—not even punishment—trawling-nets bycatch poison ghostfishing—
the coil of the listening along the very bottom—the nets weighed down with ballast—raking the bottom looking for nothing—indiscriminate—there is nothing in particular you want—you just want—you just want to close the
third dimension—to get something which is all—becomes all—once you are indiscriminate—discards can reach 90% of the catch—am i—the habitat crushed and flattened—net of your listening and my speaking we can no longer tell them apart—the atmosphere between us turbid—no place to hide—no place to rest—you need to rest—there is nature it is the rest—what is not hunting is illustration—not regulated are you?—probing down to my greatest depths—2000 meters and more—despite complete darkness that surrounds me—despite my being in my place under strong pressure—along with all my hundreds of species—detritus—
in extreme conditions—deepwater fish grow very slowly—very—
so have long life expectancy—late reproductive age—are particularly thus vulnerable—it comes along the floor over the underwater mountains—scraping the steep slopes—what is bycatch—hitting the wrong target—the wrong size—not eaten—for which there is no market—banned—endangered—such as birds— sometimes just too much—no more space on the boat—millions of tons thrown back dead or wounded—the scars on the seabed—the mouth the size of a football field—and if there is no one there there is still ghostfishing—nets abandoned in the sea they continue through the centuries to catch—mammals fish shellfish—we die of exhaustion or suffocation—the synthetic materials last forever
Ask us anything. how deep is the sea. You couldn’t go down
there. Pressure would crush you. Light disappears at 6,000 feet. Ask another question: Can you hear me? No. Who are you. I am.
Did you ever kill a fish. i was once but now I am
human. i have imagination. i want to love. I have self-interest. Things are not me. Do you have another question. I am haunted but by what?
Human supremacy? The work of humiliation. The pungency of the pesticide. What else? The hammer that comes down on the head. Knocks the eyes out. I was very lucky. The end of the world had already occurred. How long ago was that. I don’t know. it is not a function of knowledge. it is in a special sense that the world ends. You have to keep living. You have to make it not become waiting. Nothing is disturbingly visible. Only the outside continues but it continues. So you have to find the way to make the inside
continue. Your entity is fragile. You are an object you own. At least
you were given it to own. You have to figure out what ownership
is. You thought you knew. You were wrong. it was wrong. There was wrongness in the mix. it turns out you are a first impression. Years go
by. Imagine that. And there is still a speaker. There will always be a speaker. In the
hypoxic zones is almost no more oxygen→then there is→no more→oxygen→for real→ picture that says the speaker→who are you→where are you→going down into the dead zones→water not water→the deeper you go he says the→scarier it gets→because there’s→nothing there→there are no→fish→no organisms→alive→no→no life→so it’s just us→dead zones→bigger than the Sahara he says→the largest lifeless spaces this side of the moon→he says→she says→who is this speaking to me→I am the upwelling→I am the disappearing→hold on→just a minute please→hold on→there is a call for you
PESCA A STRASCICO IN FONDO AL MARE
Le lame come gigli ruotano rapide per vederti tutto—blu acciaio poi rosso dove la ferita affonda—la tua ferita—non ti vogliono conoscere ti vogliono
avere—no—non avere—vogliamo tutti vivere fino alla fine—sono umana io—chi
lo sa—solo perché ho questo modo di trasmettere—chiamiamola voce—una minaccia— condivisa—le reti pelagiche a mezz’acqua si ergono come muri intorno a noi—vengono da lontano dove sembrano solo lontananza—lontananza che s’avvicina—ascoltala—eliminando lo sfondo—tutto in primo piano—tu dentro—l’unico piano—neppure la punizione—reti a strascico pesca scartata veleno reti fantasma—
la spirale dell’ascolto lungo il fondo—reti appesantite di
zavorra—rastrellano il fondo in cerca di nulla—indiscriminatamente—non vuoi nulla di speciale—vuoi soltanto—vuoi soltanto chiudere
la terza dimensione—avere qualcosa che è tutto—diventa tutto—nella indiscriminazione—scarto che giunge al 90% del pescato—sono io—l’habitat pestato e schiacciato—rete del tuo ascoltare e del mio parlare non sappiamo più distinguerle—
atmosfera torbida fra noi—nessun posto per nascondersi—nessun posto per riposare—hai bisogno di riposare—c’è la natura è il riposo—ciò che non è caccia è illustrazione—non
sei in regola, vero?—quando sondi le mie immense profondità—2000 metri e più—benché il buio totale mi circondi—benché io sia nel mio
posto sotto pressione—con le mie centinaia di specie—detriti—
in condizioni estreme—i pesci d’acqua profonda crescono molto lentamente—molto— la loro lunga speranza di vita— tarda età riproduttiva—così particolarmente vulnerabili—arriva sul fondo sopra le montagne sottomarine—raschia i
ripidi declivi—lo scarto cos’è—mirando un bersaglio sbagliato—sbagliata la misura—non mangiabile—non ha mercato—vietato—in via d’estinzione—come gli uccelli—
davvero tanto a volte—manca spazio sulla barca—milioni di tonnellate restituite morte o ferite—le cicatrici sul fondale—la bocca grande come un campo da
football—e se laggiù non c’è nessuno ci sono però reti fantasma—reti abbandonate nel mare continuano a pescare nei secoli—mammiferi pesci crostacei—moriamo
di sfinimento o soffocamento—i materiali sintetici vivono per sempre
Chiedici qualunque cosa. Quant’è profondo il mare. Non puoi andarci laggiù. T’annienterebbe la pressione. A 6000 piedi la luce scompare. Fai
un’altra domanda: mi senti? No. Chi sei. Sono.
Hai mai ucciso un pesce. Lo ero un tempo ma ora sono
umana. Ho immaginazione. Voglio amare. Sono autoreferenziale. Le cose non sono me. Hai un’altra domanda. Sono perseguitato ma da cosa?
Supremazia umana? L’opera dell’umiliazione. L’acredine del pesticida. Che altro? Il martello che s’abbatte sulla testa. Centra gli occhi in pieno.
Ho avuto una gran fortuna. La fine del mondo era già avvenuta. Quanto tempo fa. Non lo so. Non è una funzione della conoscenza. È in un senso speciale che finisce il mondo. Devi continuare a vivere. Devi farlo senza farlo
aspettare. Nulla di fastidiosamente visibile. Solo il fuori continua e continua. Perciò trova il modo che continui
il dentro. È fragile la tua entità. Sei un oggetto in tuo possesso. Almeno ti fu dato per possederlo. Devi capire cos’è la
proprietà. Pensavi di saperlo. Ti sbagliavi. Era sbagliato. C’era
uno sbaglio nella miscela. Finisce che tu sei una prima impressione. Gli anni passano. Immagina questo. E c’è ancora chi parla. Ci sarà sempre chi parla. Nelle
zone d’ipossia quasi non c’è più ossigeno→poi non c’è→più→ossigeno→davvero→ immagina questo dice lo speaker→chi sei→dove sei→tu che scendi giù nelle zone morte→acqua non acqua→più vai giù dice più→fa paura→perché lì
non c’è→nulla→nessun→pesce→nessun organismo→vivo→no→nessuna→nessuna vita→solo noi→zone morte→più grandi del Sahara dice→gli spazi senza vita più grandi su questo lato della luna→dice lui→dice lei→chi è che mi parla→sono l’acqua profonda che risale→sono ciò che scompare→tieni duro→un minuto solo per favore→tieni duro→c’è una chiamata per te
Note
1 A. Ghosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’im- pensabile, Vicenza, Neri Pozzi Editore, 2017, pp. 91, 79, 159, 16 e 90.
2 https://nowtoronto.com/news/naomi-klein-on-the-bc-wildfi- res-season-of-smoke.
3 N. Scaffai, Letteratura e ecologia, Roma, Carocci Editore, 2017, pp. 16-17.
4 Interviewed for EarthLines by Sharon Blackie. Anche in: www. joriegraham.com/system/files/Jorie+Graham+Interview_0.pdf.
5 Ivi, p. 36.
6 Ivi, p. 38.
7 Interview with Sarah Howe, hhttp://www.praccrit.com/po- ems/cryo.
8 Imagining the Unimaginable: Jorie Graham in Conversation, interviewed by Deidre Wengen, April 2008, https://www.jorie- graham.com/wengen_2008.
9 Interview by S. Blackie. Qui Graham cita alcuni dei molti autori e testi fondamentali per il suo apprendistato in campo eco- logico, fra cui i britannici Paul Kingsnorth, poeta ecologista, e Wen Stephenson, giornalista ambientalista; il climatologo sta-
tunitense James Hansen e il giornalista e scrittore ambientali- sta Bill McKibben, co-fondatore dell’organizzazione mondiale per il clima 350.org. e fautore di un coinvolgimento delle arti per una più vasta sensibilizzazione dei cambiamenti climatici.
10 Le poesie di Jorie Graham citate nel testo provengono da Sea Change, New York, HarperCollins, 2008 e da fast, New York, Har- perCollins, 2017. Quanto alla struttura del verso in Sea Change, Graham ha in più occasioni parlato della scoperta di una nuova musica in questo libro, ispirata dall’acqua, per la costruzione di una partitura per la sua poesia civile. La sequenza più lunga di questo verso, che va oltre la possibilità del respiro naturale, richia- ma, come ha detto la scrittrice, il verso di Whitman, e sovrasta quella più corta, alla William Carlos Williams, allineata sotto la pri- ma, a metà della pagina. Tutta la colonna di sinistra si può leggere autonomamente come se fossero tanti haiku.
11 H. Vendler, «A Powerful, Strong Torrent», The New York Re- view of Books, Vol. 55, Issue 10, 2008.
12 J. Longenbach, https://www.joriegraham.com/longenbach
_2008.
13 Le due poesie qui citate sono Futures e Root End.
14 Interview with Sarah Howe.
15 Conversazione con l'autrice.
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Semicerchio. Rivista di poesia comparata no. 58-59 (2018) FRANCINI.pdf | 133.28 KB |