Jorie Graham
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La poesia ricuce il mondo
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Riceve il Nonino l'autrice americana che si misura con «l'enormità dell'esperienza»<br>La poesia ricuce il mondo<br>Jorie Graham assume su di sé il destino della specie: nel futuro incerto lavora a rammendare il pianeta<br><br>N on solo le grandi religioni, come diceva Chesterton, si distinguono dalle pacchiane superstizioni vacuamente misteriose e spiritualeggianti per una loro grande verità, per il loro genuino e autentico materialismo; se il Verbo si fa carne, diventa sinapsi di neuroni, e assumere su di sé, per redimerlo, il dolore del mondo implica secernere, come nel Getsemani, un sudore sgradevole e sanguinoso. Ancor più della fede, è la poesia a vivere questa verità del corpo, della carne. Una bellissima lirica di Jorie Graham dice il dolore e la sommessa protesta di Maria Maddalena quando Gesù risorto le dice noli me tangere, non toccarmi. Il corpo, i sensi sono fondanti nelle creazioni di Jorie Graham, scrive Antonella Francini, sua eccellente traduttrice e dunque ? come ogni vero traduttore ? quasi coautrice delle sue opere.Poche creazioni poetiche esprimono come quelle di Jorie Graham la totalità della vita ? umana ed extraumana, il tempo storico e il lunghissimo tempo geologico di cui il primo è inconsapevolmente intessuto, l'esistenza individuale, quella della specie e quella della materia in cui l'una e l'altra si inseriscono. Lei ha detto una volta di voler comprendere «l'enormità dell'esperienza».Nella grande varietà di forme testimoniata nel suo percorso e nelle sue varie raccolte ? da Erosione a Fine della bellezza, da L'erranza a Sciame, da Mai a Overlord, per citarne solo alcune ? questa innovatrice della poesia non solo americana è una personalità profondamente classica, una scrittrice di formazione trilingue che porta agli estremi la frattura e il sincopato; ricopre il venerando tradizionale insegnamento di Retorica e Oratoria a Harward e, ricorda Marisa Fumagalli, vive tutto l'impegno etico-politico dell'epoca. La sua lirica cattura una totalità mossa, spezzata, mutevole, imprevedibile, multipla e simultanea, che il suo verso epicamente lungo e digressivo o concentrato ed essenziale come quello di un haiku coglie con bruciante verità. La sua totalità comprende l'individuo ? i suoi sentimenti, passioni, smarrimenti ? ma anche la specie e l'incertezza radicale del suo, del nostro futuro.La sua opera esprime una radicale verità della nostra condizione, la vigilia di un ignoto e sconvolgente cambiamento: la possibile ? concretamente possibile ? assenza di futuro, la morte della nostra specie o una sua trasformazione tale da renderla non più umana, da aprire l'era del non-umano. L'intera storia appare forse sul punto di disfarsi come la tela di Penelope. Il tempo geologico è tanto più grande di quello storico, ma forse il tempo non c'è, non esiste, perché nel ticchettio dell'orologio non c'è niente, solo un secondo in cui non può esistere nulla e lo spazio fra un secondo e l'altro in cui egualmente non può accadere nulla, eppure la poesia va alla ricerca di questo tempo e di ciò che esso (forse) contiene; ascolta gli uomini, ma anche la foglia, lo scirocco, il cristallo come le vicende d'amore, gli eventi storici e quelli mai e sempre esistiti del mito, il «bagliore che assomiglia allo svanire», perché ogni Io ha dentro di sé il suo «animale morente». La sua Euridice, come quella che ho cercato di rappresentare anch'io, desidera sparire in quello sguardo di Orfeo che si volta. Non è solo il fallimento dell'utopia politica, l'odierna assenza di ogni progetto di un futuro umano diverso e migliore che turba Jorie Graham, turbamento che condivido; è una realtà ancor più grande di quella umana, la cui forse incombente morte è avvertita dal corpo negli strappi del vissuto ? lo strappo, lo squarcio, gli «strappi nel blu» sono cifre cruciali nella sua poesia. Una poesia pronta ad assumere su di sé la morte della propria specie, ma continuando ? memore che poiein, da cui deriva poesia, vuol dire fare ? a «lavorare bene», a «rammendare il mondo» con l'umile ma ferma sapienza delle mani della donna che separa i ceci dai sassolini; a «fare buona falegnameria», come Noè con la sua arca, nell'imminenza del diluvio, lavora per salvare anche il non-umano che c'è in noi e fuori di noi. La poesia, ha detto Jorie Graham, «cerca di ripulire il linguaggio dalle bugie diffuse» ? anche se, come lei sa bene, i greci antichi da lei amati sostenevano che «i poeti dicono molte menzogne».<br>RIPRODUZIONE RISERVATA<br><br>Magris Claudio<br><br>Pagina 27<br>(20 gennaio 2013) - Corriere della Sera <br>
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